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Quando il corpo si chiude al sesso

Fare diagnosi

Gli elementi più importanti per la diagnosi del vaginismo sono:

  • L’impossibilità di accettare o realizzare la penetrazione vaginale da parte della donna malgrado siano presenti il desiderio di farlo e la sperimentazione di numerosi tentativi per un periodo superiore ai 6 mesi
  • La presenza di una paura immotivata ( Fobia) della penetrazione che per alcune donne è sostenuta dalla previsione di sentir male, per altre dalla previsione di un disagio non descrivibile ma potente, quello che ho scelto di definire ‘catastrofe interiore’

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Questi dati posso essere rilevati da una accurata anamnesi durante il colloquio clinico, a seguito del quale è però fondamentale eseguire un controllo ginecologico che consente di oggettivare e dettagliare la diagnosi identificando i gradi di gravità e differenziando il vaginismo da altre possibili cause che rendono impossibile il rapporto penetrativo.

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Il vaginismo può essere distinto in 5 gradi di gravità facendo riferimento alle pubblicazioni degli autori Lamont e Pacik. Il grading può essere eseguito unicamente visitando la donna su un lettino ginecologico, quindi le figure indispensabili per poter perfezionare la diagnosi sono ginecologi ed ostetriche con una formazione in sessuologia. Bisogna sempre diffidare da chi propone terapie psicologiche o psicosessuologiche senza che sia stato eseguito un inquadramento diagnostico preciso.

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E’ molto importante distinguere situazioni nelle quali la donna non riesce ad avere rapporti perché sente male (dispareunia) da quelle nelle quali non riesce perché ha paura di poter sentire male o di stare male interiormente (vaginismo). Una accurata visita ginecologica consente agevolmente di distinguere queste due situazioni. Esistono possibili sovrapposizioni e può capitare che una donna che sente dolore realmente possa innescare tutte le contratture muscolari difensive tipiche del vaginismo. In questi casi si parla di risposta vaginismica ad uno stimolo doloroso.

Le più frequente causa di dispareunia è la vulvodinia, definita anche vestibolite vulvare. In merito ad essa  va sottolineato quanto tale patologia sia spesso misconosciuta e sottovalutata dagli specialisti di riferimento, in primis i ginecologi, che il più delle volte la etichettano come sintomo derivante da conversione isterica o da profondo disagio psicologico. Eppure la diagnosi non risulta essere estremamente complessa; uno strumento molto utile è il normale “cotton fioc” con cui toccare in senso circolare le aree dolenti alla pressione della mucosa vestibolare. I criteri diagnostici per la vestibolite vulvare tutt’oggi utilizzati sono quelli espressi da Friedrich nel 1987 e così riassumibili:

  •        violento dolore localizzato al toccamento del vestibolo o durante i tentativi di penetrazione.
  •        Dolorabilità alla pressione localizzata al vestibolo.
  •        Assenza di rilievi oggettivi se non eritema di vario grado.

A fronte di queste cognizioni risulta chiaro l’importanza di una diagnosi differenziale che può e deve essere fatta dallo specialista ginecologo. L’autodiagnosi risulta il più delle volte difficile da eseguirsi e a rischio di gravi errori. Ciò non significa che la donna non debba averne il sospetto, anzi è assolutamente importante che le sue percezioni, cognizioni, idee relative al problema vengano riportate al medico per averne la convalida clinica. Purtroppo sia il vaginismo che le sindromi da dolore sessuale sono spesso non conosciute o sottovalutate dallo specialista ginecologo. Questo comporta frequentemente l’impossibilità di ottenere una diagnosi corretta proprio dalla figura professionale che dovrebbe averne la competenza con la conseguenza disastrosa di disorientare la donna già di per sé sofferente per le limitazioni sulla qualità della propria vita intima. Verrebbe da chiedersi perché negli studi universitari sia stato dato finora poco o nullo spazio all’insegnamento di questi problemi Forse perché per ragioni culturali ha sempre dominato una certa indifferenza verso i problemi sessuali della donna. Il ginecologo durante la visita ha acquisito sempre più competenza nella valutazione dell’utero e delle ovaie, ma spesso ( e come abbiamo visto a causa di un vuoto formativo istituzionale ) continua a dimenticarsi della vulva e del pavimento pelvico, che per il benessere della donna sono fondamentali. Se la non conoscenza del problema può in un certo senso essere comprensibile, ciò che risulta inaccettabile è il non riconoscimento di tale limite di competenza che può portare a formulare diagnosi di patologia psichiatrica ( sta tutto nella sua testa….. ) o a fornire false rassicurazioni ( il suo apparato genitale è normalissimo… ).